Selva Gardena
attraverso i secoli

I castelli

Castello di Vallunga. Ruderi Ciastelat. Castel Gardena.

L ciastel "Fischburg" coche l ie al didancuei
Vedla cherta cun la ududa dal Ciastel de Val deviers dla dlieja

I ruderi del Castello di Vallunga “Wolkenstein”
Il Castello di Vallunga, attaccato alla roccia come un nido di rondini sulla Steviola (la prima roccia a sinistra entrando nella Vallunga) fu sicuramente costruito tra gli anni 1200 e 1235 da antenati dei conti di Wolkenstein, come castello di caccia o forse da qualche cavaliere fuggitivo che non poteva abitare più in altri grandi castelli del territorio. Sembra che il Castello di Vallunga sia stato tuttavia abitato anche durante tutto l’anno. Non c’è nessuna prova, ma solo supposizioni basate sul modo di costruire, che faccia datare questa costruzione ai tempi dei “Cavalieri Predoni”. In una scrittura degli “Atti notarili di Bolzano” del 1237 si parla più volte di un certo Arnoldus von Wolkenstein (che prendeva il nome da questo castello) che potrebbe esserne stato il primo abitante. Arnoldus era un discendente dei signori di Castelrotto i quali pare comandassero sulla nostra valle. I suoi discendenti furono Heinrich von Kastelruth chiamato “il Maulrapp” i cui figli Rupert, Fritz e Ulrich nel 1293 avevano rinunciato ai loro diritti sul castello e la giurisdizione di Wolkenstein, vendendola a Randolf von Villanders / Pardell. Il nome al castello Wolkenstein non fu dato dagli antenati del conte, ma probabilmente dal luogo. Il termine potrebbe provenire, secondo molte ricerche storiche di un certo valore, dal monte Wolkenstein “sasso nelle nuvole”, come forse veniva chiamato il Sassolungo. In un antico scritto inerente al “Tribunale Wolkenstein” si parla di una grande e temibile montagna, sulla quale nessuno era ancora mai salito, per la quale occorreva un giorno intero per girarle intorno e che era molto pericolosa a causa delle nuvole e dei sassi che spesso cadevano, situata tra la giurisdizione di Castelrotto, Fassa e Gudon che si chiama proprio “Wolkhenstain”.  Il nome della nostra località e così pure anche della famiglia nobile dei conti, che ha comandato qui per centinaia di anni, sembra dunque provenire dalla nostra bella montagna che è proprio il simbolo della valle: il Sassolungo, che un tempo si chiamava appunto sasso o monte nelle nuvole (in tedesco Wolkenstein). Nei primi tempi il castello a Vallunga aveva sicuramente cinque piani; davanti una specie di cortile tra mura che costituivano anche una sicurezza; e dietro, in direzione dell’albero dello Stevia, un serbatoio per l’acqua (profondo 2 m, largo 1,2 m) visibile ancora oggi. L’acqua doveva probabilmente esservi portata e il serbatoio era più che altro una riserva. Infine è ancora da provare dove fosse il castello antico (Vecchio Wolkenstein) che doveva trovarsi lì vicino, verso valle o a ovest. Marx Sittich von Wolkenstein (1563-1620) parla di “due vecchie stalle e un castello” che dovevano essere vicino al “Nuovo Wolkenstein” (Schlern Schriften del 1936). Il Castello di Vallunga potrebbe anche essere servito come punto di controllo, dato che si trovava vicino al sentiero Paian (primo sentiero attraverso la Val Gardena), che sicuramente, prima di raggiungere il Passo Gardena, arrivava qua passando per Juac, Daunëi, Vallunga e, attraverso il bosco del Costabella (Pastura) e “Uedli”, attraversava poi Plan e la Val Frea fino al Passo Gardena. Così vediamo su un ritratto del conte Engelhard Dietrich von Wolkenstein dell’anno 1644 nel Castello Summersberg (Gudon) un’ombra dell’antico maniero di Vallunga sotto le rovine del medesimo, attaccato alle rocce dello Stevia. La teoria di un castello ancor più antico sotto le rovine del Castello attaccato alla Steviola acquista così un certo valore. Questo è anche dimostrato dal fatto che ancora oggi ci sono a 200 m sotto le rovine del castello resti di mura che potrebbero anche essere state le stalle dove c’era la possibilità di attaccare i cavalli e lasciar riposare i cavalieri. La ghiaia caduta ha intanto coperto quasi tutto e solo nuovi scavi archeologici potrebbero fare luce sulle supposizioni degli studiosi. Sicuramente, nel 1311, era padrone qui Randolf von Villanders, che comandava su quei pochi “poveri gardenesi” con pugno di ferro e non si preoccupava per niente della giustizia, ma più che altro di “tirar fuori da questo possedimento tutto quello che poteva servire”, tanto che le donne non si fidavano più di uscire di casa, neanche per andare in chiesa. Nel 1370 dette il nome “Wolkenstein” a suo figlio Konrad e fece fare uno stemma nuovo con dentro le nuvole che ancora oggi è più o meno il blasone del Comune di Selva. Konrad fu il primo a chiamarsi ufficialmente von Wolkenstein e ad avvalersi del nuovo stemma. Suo figlio Federico, che è stato il primo discendente dei Wolkenstein, si pensa abbia abitato per poco nel Castello di Vallunga, perchè si accasò nel castello Trostburg a Ponte Gardena, dopo averne sposato la proprietaria. Nel Castello di Vallunga probabilmente visse anche per un certo tempo il cantautore Oswald von Wolkenstein (nato nel 1377, morto nel 1445 a Merano e sepolto a Novacella), figlio di Federico.  Padre Fedele nei suoi scritti sostiene che il Castello di Vallunga è stato distrutto nel 1525 da un grande blocco di roccia staccatosi dal monte Steviola. Il Trapp scrive nella sua opera “Libro dei castelli tirolesi” che questo era successo prima del 1522, ma che il castello era stato tuttavia ancora abitato negli anni successivi dai signori del tribunale di Wolkenstein. La leggenda vuole che già alcuni giorni prima una grande nuvola nera avesse coperto la roccia Steviola e il Castello di Vallunga e avesse così fatto capire alla gente di lasciare il maniero prima che succedesse una disgrazia. Il conte aveva dunque abbandonato da tempo il castello e si era preparato una nuova sede per passare l’estate a Selva, costruendo un piccolo castello (il Ciastelat) già intorno al 1500 sopra la località di Selva, sulla sporgenza rocciosa chiamata “Uedli”. Più credibile è la versione storica, secondo cui nel 1511 un gran terremoto con epicentro in Friuli aveva già danneggiato in parte il Castello, ragion per cui i conti si erano fin da allora cercati un’altra sede. Il Castello di Vallunga andò dunque definitivamente in rovina e dal 1974 al 1977 i resti di muro sono stati risistemati su iniziativa dell’“Associazione della Cultura e delle Usanze” con finanziamenti della Provincia e del Comune, finendo i lavori nel 1979.

Ruderi Ciastelat o sai “Uedli”
Di questa costruzione non rimane praticamente più niente, ma padre Fedele (1897) dice che quelli più anziani si ricordano ancora che i loro padri sapevano che lì c’erano le mura di un edificio. Queste dunque dovevano essere ancora riconoscibili circa intorno al 1800 o alla fine del 1700. Attualmente un bel sentiero costruito negli anni 1970 porta dalla pensione Scoiattolo alla sporgenza rocciosa “Uedli”, mentre sull’altro versante un sentiero costruito nel 2005 (“Troi Ntëur Sëlva”) sale dal vecchio tracciato della ferrovia (hotel Sun Valley) per ricongiungersi, sul bordo del Costabella (originariamente Pastura) con il sentiero che prosegue verso il Dantercëpies. Di qui passava probabilmente anche il sentiero Paian, perchè a metà del pendio del Pastura si può ancora vedere chiaramente il fossato da dove doveva passare un antico viottolo oggi ricoperto dalla boscaglia.

Il Castel Gardena - Fischburg
Il terzo maniero di Selva è quello che attualmente viene nominato da tutti “il Castello”, e che si chiama propriamente Fischburg (Castello della pesca), tradotto in italiano Castel Gardena (sotto il fascismo denominato Castello Prebenda). Di questo c’è una storia ben conosciuta con fatti testimoniati e sicuri. Costruito tra il 1622 e il 1641 per iniziativa del conte Engelhard Dietrich (signore e dal 1630 conte di Wolkenstein, nato nel 1566 e morto nel 1647), questo castello è situato al confine con S. Cristina appena fuori dal bosco, fra i prati dove una volta c’erano otto piccoli laghi con pesci d’acqua dolce di vari tipi. Fu abitato dai conti, soprattutto d’estate, solo per circa 200 anni. Il conte Engelhard Dietrich (fratello dello storico Marx Sittich), rimasto orfano di padre già da piccolo, fu destinato da suo fratello ad una carriera ecclesiastica. Ma lui si distaccò da questa strada e studiò in numerose città europee. Ritornato nel 1595, pretese la sua parte di eredità, ottenendo il Castello di Trostburg (a Ponte Gardena) e la giurisdizione di Wolkenstein. Sposato con Ursula von Wolkenstein-Rodeneck, abitò nel Castello Trostburg. Era molto credente ed era un gran sostenitore dell’Ordine dei Cappuccini (nel quale erano anche entrati due dei suoi figli). Ma ancor più forte della stima per i Cappuccini era in lui la voglia di costruire e così trascorse tutta la sua vita ad interessarsi dei suoi edifici. Il Castello in stile rinascimentale è l’ultimo costruito in Tirolo, ancora circondato da mura e con feritoie per difendersi, cosa un po’ fuori dalla norma, perchè l’edificio non ebbe mai scopi di difesa, come potevano avere castelli più antichi e posti in luoghi più strategici. Il conte Engelhard Dietrich provò in ogni modo di far capire all’“Arciduca” Leopoldo del Tirolo che c’era bisogno di questa costruzione per difendersi da un’eventuale invasione da parte dei Veneziani, ma non ebbe alcun successo in tale direzione e non ricevette i necessari finanziamenti, né i soldati per costruire il castello a spese del governo. Così edificò prima la parte per trascorrere l’estate, e infine impiegò tanto tempo per finire le mura di cinta e la grande torre (terminata appena nel 1643). I giovani della zona poterono lavorare per costruire questa dimora al posto di fare il servizio militare. Dopo Engelhard Dietrich il padrone fu suo figlio Conrad Dietrich e in seguito il nipote Giovanni Battista (Johann Baptist). Dopo questi seguì il fratello Maximilian Carl, che lo arredò con mobili e quadri di valore e costruì le scale nella prima corte interna. In seguito i padroni furono Ferdinand Carl (morto nel 1686), Johann Josef (morto nel 1754) e poi Anton Maria conte di Wolkenstein (morto nel 1806), che l’aveva ereditato nel 1759 e che ne cambiò molto l’aspetto esterno, sistemò i tetti, le finestre e le stanze, facendolo decorare dallo scultore Melchior Vinazer (1622-1689) di Ortisei. Il figlio di Anton Maria che portava lo stesso nome, morì già due anni dopo suo padre (1808) e i figli di questo non ebbero più nessun interesse per il Castello, tanto che nel 1826 vendettero all’asta per 808 fiorini tutta la mobilia e i quadri di famiglia di grande valore. Il Castello fu donato allora dal conte Leopoldo di Wolkenstein (uno dei figli di Anton Maria II) che l’aveva poi ereditato nel 1841, ai Comuni di Selva e S. Cristina, per dare ricovero alla gente povera che era senza casa, tenendosi la torre più alta come residenza estiva. I Comuni di Selva e S. Cristina lo destinarono dunque a ospizio per i poveri e in questo periodo la struttura, ma soprattutto la mobilia, ne risentirono molto, tanto che numerosi arredi e rivestimenti in legno furono bruciati per scaldare i locali, troppo alti e grandi per la povera gente, che spesso non era capace neppure di procurarsi la legna di cui aveva bisogno. Il 6 ottobre 1925 il Comune di Selva (retto dal sindaco Franz Komploi - Tieja di sotto) decise di vendere la sua parte (il Comune di S. Cristina era proprietario per il 50% e la torre più alta apparteneva ancora al barone di Wolkenstein) al barone Franchetti di Roma. Come contropartita il barone doveva sistemare per il Comune di Selva le costruzioni (baracche) di Plan (dove si trovavano i magazzini militari della Prima Guerra e dove attualmente si trovano la casa Taiadices e la caserma dei carabinieri), ricavandone quattro appartamenti da mettere a disposizione di altrettante famiglie povere di Selva, che allora abitavano nel Castello. Il contratto fu stipulato nel 1926 e il barone sistemò la vecchia costruzione di Plan. Alcuni anni dopo anche la torre fu comprata dal barone Franchetti, direttamente dai Wolkenstein. Il nuovo proprietario ripristinò in maniera ammirevole il maniero e recuperò in antiche case del Sud-Tirolo e del Trentino mobilia di vecchie stanze, sale e stufe di ceramica di valore e le fece collocare nel Castello, rendendolo di nuovo abitabile. Nel 1930 il Comune di Selva (a quel tempo sotto l’egida del podestà di nomina fascista Lodovico Donati) dette la cittadinanza onoraria al barone Franchetti per i suoi meriti di aver dato impulso al turismo e agli sport invernali. Il Castello è attualmente ancora in possesso di questa famiglia e non è visitabile da parte del pubblico. Diverse volte il Consorzio Turistico della Val Gardena negli anni dal 1990 al 2000 ne ha fatto uso a scopi culturali organizzando concerti di musica classica del “Valgardenamusika” sul prato della prima corte interna. 

Col dala Pelda, Col dala Forcia e Col da Larjac
Col dala Forcia (colle della Forca) è chiamato il colle sulla vecchia strada che da Selva portava a S. Cristina, a sinistra dove oggi c’è villa Carolina e a sud di Col dala Pelda (colle del tempietto) che si trova a destra della strada. Ancora più a nord (circa 100 m) in direzione del Col Raiser c’è il Col da Larjac. Questi tre colli sono d’importanza storica per essere stati luoghi di pena, di giudizio e di esecuzione delle condanne.
Col dala Forcia fu sicuramente il luogo dove coloro che venivano condannati per qualche malefatta venivano giustiziati. Qui pare ci sia stata una fossa, che aveva sul fondo molti ferri appuntiti, nella quale venivano gettati i malviventi e lasciati al loro destino, così pure una forca per impiccare i malcapitati. Fino al 1800 circa i conti di Wolkenstein avevano il potere di giustiziare i delinquenti e così questo luogo era il posto con tristi apparecchiature per eseguire le condanne. Secondo una ricerca del prof. Edgar Moroder, ricavata dal libro del curato di Ortisei Josef Anton Vian (1804-1880) edito nel 1864, “Wolkenstein e Colfosco dipendevano dalla piccola giurisdizione dei conti di Wolkenstein - Trostburg. Essi esercitavano su questa parte di territorio non solo la completa giurisdizione, ma emettevano anche sentenze di vita o di morte dei loro sudditi. Appena da pochi anni, dunque dopo il 1845, è andata in rovina la forca cinta da mura sulla collina di fronte al Col dala Pelda, il qual luogo la gente ancora adesso (nel 1864) osserva con raccapriccio”. Questo patibolo e questa buca per almeno 200 anni (da quando fu costruito il Castello nel 1641 o già da prima, fino alla metà del 1800) furono dunque il luogo per giustiziare i malfattori condannati dal tribunale dei conti di Wolkenstein - Trostburg. Wilhelm Moroder-Lusenberg (1877-1915) scrive nel suo libro su Ortisei, pubblicato nel 1908, che numerosi processi venivano tenuti nella casa del Col dala Pelda (costruita nel 1640) di cui erano proprietarie due signore “contesse” della famiglia Wolkenstein, che si erano alloggiate lì per godere del sole, che sull’altro versante, cioè nel Castello “Fischburg”, manca per diversi mesi durante l’inverno. Probabilmente proprio in questa casa, per quei tempi molto nobile, era stata collocata la sede del “tribunale”, senz’altro dopo la morte delle due signore. Il tempietto di stile barocco con piccole pitture rossicce che c’è ancora attualmente, sembra esser stato costruito prima del 1670 ed era sicuramente da considerare in relazione al luogo di esecuzioni. Infatti c’era la possibilità, sia per i condannati sia per i boia che dovevano eseguire la condanna, di dire qualche preghiera per i loro fattacci. Qui arrivava anche il sentiero della penitenza che portava dal torrente della Val Gardena, attraversando i prati di Runcac. Col dala Pelda, Col dala Forcia e Col da Larjac sono stati, fino alla costruzione della strada statale tra Maciaconi e La Poza, il luogo centrale nella Val Gardena, anche perchè di qui passava l’unica strada che congiungeva S. Cristina con Selva.
Nella cantina della vecchia casa e osteria di Runcac (bruciata nel 1943) c’erano le prigioni e sulla piazza Dosses lo spiazzo per torturare i malfattori.
Tra il Castello e il Col dala Pelda c’era una piccola galleria, come racconta ancora oggi la gente anziana. La storia molto interessante, anche se non ancora mai dimostrata da archeologi o storici, parla di un piccolo tunnel che cominciava dal Castello (dove ancora oggi scende una vecchia scala purtroppo rovinata) e che, passando il torrente Gardena tra La Poza e Dorives, arrivava al Col dala Pelda. Questo tunnel dovrebbe esser servito per accompagnare i prigionieri, come pure per portare documenti dal Castello fino alla casa del tribunale senza dare nell’occhio.